Buongiorno a tutti. Ben ritrovati.
Desidero fare con voi un breve itinerario che non serva semplicemente a sviluppare il tema che mi è stato affidato, ma, piuttosto, se ne sarò capace e se voi avrete la pazienza e la bontà di seguirmi, di entrare nelle esigenze che questi tre termini, PAROLA DI DIO – LITURGIA-CATECHESI, pongono alle nostre comunità cristiane, in questo presente che viviamo.
Mi permetto di iniziare usando un linguaggio che sento molto vicino: quello dell’arte, ma non vi preoccupate, non faremo una lezione di storia dell’arte.
Siete mai stati alla Sagrada Familia, a Barcellona? Sicuramente ne avrete visto delle immagini o, magari, ne avrete letto qualche descrizione. Ora, lasciando stare i riferimenti storico-architettonicio-artistici, proviamo ad entrare idealmente nella grande incompiuta di Antoni Gaudì.
La Sagrada Familia.
Dobbiamo farlo attraverso la porta Est: quella dell’incarnazione (una foresta di elementi, di immagini bibliche e naturali, che assurgono a dimensione simbolica) che incanta sempre tutti, visitatori frettolosi e quelli che vogliono darsi un tempo dilatato attraversando o, dovremmo dire, leggendo questa “Parola nella pietra”. Come il Figlio è entrato nel mondo, Verbo incarnato, attraverso la porta della nostra umanità, noi entriamo attraverso la sua incarnazione nel “Corpo di Cristo” che è la Chiesa. In questo cammino, la luce accompagna l’itinerario del credente, da est verso ovest, il tempo di una giornata (pensate a quanto il ritmo dello scorrere del giorno sia importante nel Vangelo come parabola della vita umana). In questo itinerario “esistenziale” scopriamo di essere “bagnati” da una Luce dall’alto, come una pioggia, che scende su chi abita le navate della chiesa, mentre l’assoluta verticalità delle colonne/alberi eleva lo sguardo verso l’alto, quasi ad attraversare le volte in muratura, su su, fino ai quei pinnacoli decorati in trencadis, che innalzano una lode perenne a Dio come risposta alla Parola discesa.
Dopo aver sostato nel transetto, presso l’altare, ci attende l’uscita dal portale ovest (quello della passione) che col suo gioco di volti nascosti in quella scenografia “desertica” ci svela il Volto di Dio rivelato una volta per tutte dall’Uomo della Croce.
La Facciata sud, quella della Gloria è ancora in costruzione e, metafora eloquente, bisogna attenderla con pazienza.
Ecco: siamo fuori dal Tempio espiatorio della Sacra famiglia, che fu pensato per rispondere da credenti alle istanze di una comunità che si stava trasformando in tempo di grandi cambiamenti. È significativo che il progetto originale della chiesa, che avrebbe dovuto riproporre un modello di edificio neo-gotico, dunque assolutamente tradizionale, ma fuori dal tempo, nel momento in cui passa nelle mani di Gaudì diventa qualcosa di nuovo, che è capace di mettere insieme la pagina biblica, la liturgia, la creazione, la tradizione della Chiesa, la vita quotidiana. Insomma: cerca di parlare di Dio all’uomo contemporaneo, senza buttare per aria il passato, ma senza riproporre scleroticamente e stancamente modelli e linguaggi di ieri, riuscendo, al contrario, a fare sintesi di tutti quegli elementi che stamattina cercheremo di approfondire insieme.
Per addentrarci in questo discorso e non restare nel vago, cito un testo di don Michele Roselli, attuale direttore dell’UCR del Piemonte, il quale scrive:
‹‹La catechesi può essere immaginata come una passeggiata in uno spazio pieno di segni-mediazioni della Parola di Dio: la sacra Scrittura, la Tradizione, le riflessioni della teologia, le regole della fede (il Simbolo e i dogmi), la liturgia (forme per celebrare la fede), la vita (l’etica, la morale, forme per vivere la fede). Questi segni sono mediazioni per vivere la fede, per permetterne l’accesso, per favorirne l’esperienza e l’intelligenza. In questo senso muta il profilo della catechesi; essa è un’azione dinamica e fluida; plurale (non esiste uno schema fisso ed unico) e modulare (componibile, variabile)››.
Ora per dare ulteriore concretezza al mio discorso e per parlare del rapporto tra Parola, Liturgia e Catechesi sarà bene ricordare come, nell’ampio contesto del Progetto Catechistico Italiano, attraverso i suoi “strumenti” più importanti, tale rapporto viene definito: parliamo di una relazione al contempo “fontale” ed esistenziale: Parola di Dio e Liturgia sono fonti e vie della catechesi.
LE FONTI DELLA CATECHESI
È altresì vero che il Documento Base “Il rinnovamento della catechesi”, – e siamo proprio ai primi passi del cammino -, di “fonti ne individua più di una: Scrittura, Tradizione, Liturgia e Creazione.
Scrittura, Tradizione, Liturgia e Creazione
‹‹La Scrittura è il documento preminente della predicazione della salvezza, in forza della sua divina ispirazione. Essa contiene la parola di Dio; perché ispirata, è veramente parola di Dio per sempre. Questa parola, che manifesta la condiscendenza e benignità di Dio, in quanto il suo linguaggio si è fatto simile al linguaggio dell’uomo, contiene la rivelazione del mistero di Cristo e, in esso, di tutto il mistero di Dio. Alla Scrittura la Chiesa si riconduce per il suo insegnamento, la sua vita e il suo culto; perciò, la Scrittura ha sempre il primo posto nelle varie forme del ministero della parola, come in ogni attività pastorale. Ignorare la Scrittura, sarebbe ignorare Cristo››.
‹‹La Scrittura è il Libro, non un sussidio, fosse pure il primo. Per comprenderne il messaggio, occorre anche conoscere i modi storicamente diversi di cui Dio si è servito per rivelarsi. L’interpretazione sicura può essere fatta solo tenendo presente l’unità di tutte le Scritture e ricorrendo alla fede e alla mente della Chiesa, che sono manifeste nella sua Tradizione e nell’insegnamento vivo del magistero››.
‹‹Espressione culminante di Tradizione e di vita, la liturgia è nella Chiesa una sorgente inesauribile di catechesi. Essa permette di cogliere in unità tutti gli aspetti del mistero di Cristo, parlando con linguaggio concreto alla mente come ai sensi››.
‹‹Tutto è stato creato in Cristo, per mezzo di Cristo, in vista di Cristo. Perciò ogni aspetto di verità, di bellezza, di bontà, di dinamismo, che si trova nelle cose e in tutto l’universo, nelle istituzioni umane, nelle scienze, nelle arti, in tutte le realtà terrene e in particolare nell’uomo e nella storia: tutto questo è segno e via per annunciare il mistero di Cristo››.
Se all’inizio del percorso del Progetto catechistico italiano domina quest’idea delle molteplici fonti, il cammino successivo amplierà la visuale, la riflessione approfondirà il dialogo tra i tre momenti (in mezzo c’è anche la pubblicazione del CCC, il quale dice la sua anche su questo aspetto).
Per motivi di brevità andiamo all’ultima tappa di questo itinerario che ha ormai cinquant’anni. Siamo perciò all’ultimo Direttorio per la catechesi del 2020, il terzo dal 1971 ad oggi, che così si esprime:
‹‹Le fonti a cui la catechesi attinge sono da considerarsi in un rapporto di correlazione tra di loro: l’una rinvia all’altra, mentre tutte sono riconducibili alla Parola di Dio, di cui sono espressione. La catechesi può accentuare, a seconda dei soggetti e dei contesti, una delle fonti rispetto alle altre. Ciò va fatto con equilibrio e senza praticare catechesi unilaterali (ad es. solo biblica o solo liturgica o solo esperienziale …). Tra le fonti ha evidentemente preminenza la sacra Scrittura per il suo peculiare rapporto con la Parola di Dio. Le fonti, in un certo senso, possono essere anche vie della catechesi››.
Allora, a questo punto, non per una mia personale supposizione, ma perché i testi magisteriali ci guidano in tale direzione, mi sembra di poter affermare che la “FONTE” per eccellenza è la Parola di Dio (il Direttorio la chiama “principale”).
Parola di Dio e Catechesi
Cerchiamo di comprendere il primo termine di questo rapporto, la Parola e la sua presenza nella catechesi: un utile riferimento, che non necessita di molti commenti, ce lo dà “Incontriamo Gesù – Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia” che ha visto la luce nel 2014 e che sta accompagnando questo decennio:
‹‹La formazione permanente di giovani e adulti riceve un apporto fondamentale dall’educazione
all’ascolto, alla lettura ecclesiale e personale della Scrittura. Va sottolineato come tale approccio
alla Parola di Dio avvenga in primo luogo nella proclamazione liturgica del testo biblico, ma anche,
di riflesso, nei diversi linguaggi della celebrazione. In questo contesto il cristiano si nutre di quella
Parola che, sostenuta e attualizzata dall’omelia, diviene sorgente ispiratrice della sua preghiera,
bussola della sua vita ed esperienza vissuta nell’annuncio missionario. Così, la prima e autentica
lettura ecclesiale dà origine all’ascolto comunitario e personale, il quale avviene anche in altri
contesti, quali i gruppi di ascolto, la formazione biblica, la stessa catechesi. La Scrittura, insieme
alla Tradizione, è «regola suprema» della fede. Essa riecheggia negli scritti dei Padri della Chiesa
e nella vita dei Santi. Attraverso l’assidua frequentazione orante, lo studio e l’approfondimento
comunitario, la Scrittura è veramente «nutrimento» e «anima» dell’annuncio, «libro» della
catechesi››.
Ora, per dare la necessaria concretezza a questo tema, cerchiamo di capire almeno le fondamentali dinamiche di una “catechesi biblica” (voi non potete vederlo ma l’ho scritto tra virgolette alte, perché questa espressione non mi piace molto: se la Parola è la fonte per eccellenza della catechesi, questa come non può essere “biblica”?).
Mi sembra utile per la chiarezza e la sintesi quanto afferma ancora don Michele Rosselli:
‹‹Anzitutto una precisazione: l’approccio catechetico ad un testo biblico, diversamente dall’approccio specificamente esegetico, mette le persone in una situazione di dialogo, di dibattito e di domanda. Un rapporto equilibrato tra Bibbia e catechesi richiede di superare l’idea di dovere estrarre dalla Bibbia un messaggio da comunicare, in favore di un movimento contrario: permettere di entrare nel racconto con le emozioni, con la riflessione ed il pensiero, con la vita. Sulla base di quanto detto, si tratta perciò di mettere a tema la relazione attuale dei lettori con la trama della Bibbia, di intrecciare tre storie (Cf. Riccardo Tonelli) in un grembo testimoniale in cui può nascere la fede: la storia narrata dalla Bibbia, la storia di chi racconta quella storia, la storia di colui/coloro a cui si racconta››.
La Bibbia in catechesi: come fare?
Tre paiono i passaggi necessari:
a. Avvicinare i due mondi: quello della Bibbia e quello della vita delle persone. La catechesi può farsi carico delle condizioni di accesso alla comunicazione tra questi due mondi, con la consapevolezza che spesso la loro superficie di contatto è molto esigua. Obiettivo è avvicinare ciò che è lontano (permettere alle persone di familiarizzare con il mondo della Bibbia) ed allontanare ciò che è vicino (permettere una sorta di defamiliarizzazione che favorisca il non dare per scontato il significato ed il senso dei testi). Per questa operazione si rivelano molto utili simboli e temi di fede biblici presenti nella pubblicità, della musica, nei film, nelle opere d’arte, nei fumetti, nei modi di dire, dei telefilm, della musica.
b. Permettere delle immedesimazioni (somiglianze e novità) In questa fase il testo non funziona più come uno specchio (non vedo più solo me stesso) o come una lente di ingrandimento (vedo solo un personaggio, una situazione) ma come un prisma. Cioè, attraverso i personaggi e le situazioni, si vedono altre realtà e altre vicende, vicine al vissuto delle persone in catechesi. Il testo ha dei bianchi che propongono e permettono ai lettori di inserirsi in modo attivo e li coinvolgono in modo sempre più profondo. Si tratta di situazioni aperte: ad es la domanda aperta del finale del libro del profeta Giona, il racconto aperto della parabola del padre misericordioso di Luca 15; testi che sono un appello, un invito ad entrare e a prendere posizione. È proprio questa sorpresa a fare partire una reazione che trasforma: va a toccare le precomprensioni più radicate e i modi di pensare automatici.
c. Far nascere qualcosa di nuovo. Il testo non punta solo a fare sapere delle cose ma a trasformare chi le ascolta. In questa fase si tratta di collegare il testo della Bibbia con gli altri segni della parola di Dio. Il testo funziona come un trampolino, spinge a cercare su altri terreni: I testi spingono
• verso il Catechismo quando chiamano in causa le rappresentazioni mentali su Dio, sulla fede, sulla vita e i suoi significati
• Verso la fede vissuta e la vita morale
• Verso i sacramenti e l’incontro con Cristo nella liturgia, “luogo” in cui non solo si parla di Dio ma in cui si parla e si sta con Dio››.
LITURGIA E CATECHESI
Cerchiamo di dire qualcosa sull’altro termine di questo rapporto intorno al quale siamo stati convocati stamattina: liturgia.
Mi servirò ancora di un riferimento a “Incontriamo Gesù”:
‹‹Altro fondamentale ambito della catechesi è la formazione di una corretta sensibilità liturgica, nel
senso della conoscenza della liturgia e delle sue esigenze – il senso del rito, l’anno liturgico, la
forma rituale dei sacramenti e i testi eucologici – e, ancor più, nel senso di apertura al Mistero di
Dio e di incontro con il Cristo che in essa, per opera dello Spirito attraverso la Chiesa, accade.
Una visione della liturgia solo in prospettiva concettuale e didattica va contro la sua natura di forma
che dà forma, secondo la quale il credente, pervenuto alla fede, si lascia plasmare ed educare
dall’azione liturgica, quale espressione del culto della Chiesa nella sua fontalità sacramentale,
sorgente della vita cristiana. La celebrazione, inoltre, con i suoi plurimi linguaggi che interpellano il
cuore, la mente, i sensi corporei e psichici e con le sue esigenze comunitarie ha un grandissimo
potenziale «educativo».
Con l’aiuto del Direttorio vorrei chiarire i termini di questo rapporto.
‹‹La liturgia è una delle fonti essenziali e indispensabili della catechesi della Chiesa, non soltanto perché dalla liturgia la catechesi può attingere contenuti, linguaggi, gesti e parole della fede, ma anzitutto perché esse si appartengono mutualmente nell’atto stesso del credere. La liturgia e la catechesi, comprese alla luce della Tradizione della Chiesa, pur avendo ciascuna la propria specificità, non sono da giustapporsi, ma vanno intese nel contesto della vita cristiana ed ecclesiale ed entrambe sono orientate a far vivere esperienza dell’amore di Dio. L’antico principio lex credendi lex orandi ricorda, infatti, che la liturgia è un elemento costitutivo della Tradizione››.
Il CCC afferma: ‹‹Essa è quindi il luogo privilegiato della catechesi del popolo di Dio››.
Una bella bella espressione, che ci riempie di sollievo, ma, diciamolo pure, alquanto insidiosa, soprattutto se lasciata ad un’interpretazione frettolosa e, talvolta, molto fantasiosa.
Per correggere talune derive su questo aspetto, allora mi pare la via più facile leggere insieme con voi nuovamente nel Direttorio:
‹‹Ciò non va inteso nel senso che la liturgia debba perdere il suo carattere celebrativo ed essere trasformata in catechesi o che la catechesi sia superflua. Pur essendo corretto che i due apporti mantengano la loro specificità, va riconosciuto che la liturgia è culmine e fonte della vita cristiana. La catechesi, infatti, prende le mosse a partire da un primo incontro effettivo del catechizzando con la comunità che celebra il mistero, e ciò equivale a dire che la catechesi ha pieno compimento quando egli prende parte alla vita liturgica della comunità. Non si può quindi pensare la catechesi solo come preparazione ai sacramenti, ma essa va compresa in rapporto all’esperienza liturgica. «La catechesi è intrinsecamente collegata con tutta l’azione liturgica e sacramentale, perché è nei sacramenti e, soprattutto, nell’Eucaristia che Gesù Cristo agisce in pienezza per la trasformazione degli uomini». Pertanto, la liturgia e la catechesi sono inseparabili e si alimentano mutuamente››.
Dunque il compito di chi introduce ai “misteri” è fondamentalmente “testimoniale”: ha uno scopo preciso, quello di preparare l’incontro tra il credente ed il Signore, incontro che ha la sua fonte ed il suo culmine nell’Eucarestia e si approfondisce nella catechesi. Perché il credente giunga a dire al suo Signore: “Sei tu!”.
Cerchiamo di usare la stessa concretezza minima, basilare, per pensare un percorso di catechesi “liturgica” (anche in questo caso si dica del virgolettato quanto affermato più sopra).
L’impianto è essenzialmente mistagogico: dall’evento celebrativo, dall’esperienza, può nascere l’interrogativo simile a quello di Gesù ai discepoli dopo la lavanda dei piedi: ‹‹Capite quello che ho fatto per voi?››.
Fedeli ancora al nostro preziosissimo Direttorio, possiamo abbozzare quanto segue:
l’interpretazione dei riti alla luce degli eventi salvifici, in conformità con la Tradizione della Chiesa, rileggendo i misteri della vita di Gesù, ed in particolare il suo mistero pasquale, in relazione a tutto il percorso anticotestamentario;
l’introduzione al senso dei segni liturgici, affinché la catechesi mistagogica risvegli ed educhi la sensibilità dei fedeli al linguaggio dei segni e dei gesti che, uniti alla parola, costituiscono il rito;
la presentazione del significato dei riti in relazione a tutta la vita cristiana, per evidenziare il nesso della liturgia con la responsabilità missionaria dei fedeli e far crescere la consapevolezza che l’esistenza dei credenti è gradualmente trasformata dai misteri celebrati.
Tuttavia la dimensione mistagogica della catechesi non può limitarsi ad un approfondimento dell’iniziazione cristiana, ma deve pensare anche all’inserimento nella liturgia domenicale, Pasqua della settimana, e nelle feste dell’anno liturgico.
In tal senso andava l’esortazione del documento “Ripartiamo insieme”:
‹‹In genere, i tempi dell’iniziazione cristiana in parrocchia sembrano dettati più dal calendario scolastico che da quello liturgico. I ritmi della liturgia potrebbero invece offrire alla catechesi un respiro diverso: si potrebbe attendere l’inizio dell’anno liturgico ed avviare gli incontri con l’Avvento, dedicando i mesi precedenti alla formazione, all’ascolto, alla cura dei legami. In questo modo, una maggiore attenzione sarebbe accordata ai tempi forti, per poi integrare i mesi estivi come parte mistagogica di un anno non ancora terminato. Nell’anno liturgico si dispiega infatti il kerygma, centro dell’annuncio cristiano. La salvezza inaugurata dal Risorto si celebra nella Pasqua domenicale. La Settimana Santa ne fa rivivere i passaggi fino alla pienezza della Pentecoste. La centralità del mistero dell’Incarnazione è rinnovato ogni
anno nel Natale del Signore. Avvento e Quaresima dettano i tempi dell’attesa e della conversione. L’essenziale della fede trova qui una traccia tradizionale e sicura. Inoltre, l’anno liturgico consente la lettura continua di buona parte della Sacra Scrittura, seguendo lo schema del Lezionario. La centralità della domenica chiede una particolare creatività affinché l’Eucaristia dispieghi tutta la sua ricchezza di simboli e linguaggi››.
San Vitale, Ravenna
Tranquilli, mi sto avviando alla conclusione di questo mio intervento.
Scusate se lo faccio, però, in un modo simile a quello con cui l’ho aperto: vi porto in un’altra chiesa, la basilica di San Vitale a Ravenna.
Ora, siccome di tempo a disposizione ne abbiamo poco, il nostro tour si concentrerà esclusivamente sull’abside ed i suoi mosaici.
Guardando in alto, al centro del catino absidale, in posizione dominante, sta l’imberbe Cristo Pantocrator, circondato da dignitari celesti e terrestri: Angeli, santi ed ecclesiastici. Alle pareti, a sinistra e a destra due cortei processionali per la presentazione dei santi doni per il sacrificio eucaristico: quello di Giustiniano e quello di sua moglie Teodora.
Ma non solo: le pareti laterali del presbiterio sono ulteriormente rivestite di mosaici raffiguranti personaggi biblici, i profeti e scene dell’AT che la liturgia cristiana ha riletto tipologicamente: il banchetto di Abramo alle querce di Mamre, l’annuncio della nascita del figlio (si intravede Sara che sorride dietro una tenda) il sacrificio di Isacco, quest’ultimo accostato ai sacrifici di Abele e Melchisedec. Alzando ancora lo sguardo, nell’intradosso dell’arco trionfale scorgiamo i volti degli apostoli, ed infine, in uno splendido sfondo di un paradisiaco verde smeraldo, sta l’Agnello, ritto e circondato dagli angeli che celebrano la celeste liturgia davanti all’altare del cielo, proprio in asse con l’altare sottostante. In sintesi il Canone Romano.
Non voglio annoiarvi, mi limito ad evocare queste immagini, e ad indicarvele come catechesi perenne, che fa risuonare la Parola, e icona di quella liturgia che coinvolge cielo e terra, ma soprattutto come testimonianza di quella possibilità cercata, creata, scelta, diversa per ogni tempo, che le Chiese da duemila anni attuano per un servizio significativo alla Parola del Regno.
Grazie.
Don Gilberto Ruzzi